Profilo d’artista: Aldo Castelli (Ascoli Piceno, 9/11/1900 – 10/10/1965)
Talento precocissimo e versatile, allievo di Fra’ Paolo Augusto Mussini, dedicò l’intera sua vita all’arte nelle sue molteplici espressioni: fu pittore, incisore, ceramista, scrittore, poeta, fotografo e anche attore in una filodrammatica amatoriale.
Corrispondente locale fin dagli anni ’30 di importanti quotidiani nazionali (Il Giornale d’Italia, Il Messaggero), scrisse e illustrò con disegni originali numerosi articoli su monumenti e storie locali e – da appassionato melomane qual era – godibilissime recensioni sulle belle e prestigiose stagioni liriche al teatro Ventidio Basso.
Stimato professore di storia dell’arte e disegno nelle scuole cittadine, partecipò alla fondazione dell’Istituto d’arte di cui fu direttore per alcuni anni: nel suo ruolo istituzionale di insegnante ha sempre conquistato l’incondizionata ammirazione di allievi, colleghi e superiori per la sua intensa carica umana e il suo coinvolgente fervore intellettuale.
Fu maestro di due valenti artisti ascolani, Ernesto Ercolani e Benedetto (Bettino) Bustini (che ebbero con lui profondi legami di amicizia fino ai suoi ultimi giorni di vita e che non hanno mai smesso di testimoniare stima e gratitudine nei confronti del “maestro”) e non mancò di distribuire generosamente preziosi consigli a discepoli occasionali.
Ritrattista e paesaggista dal tratto sicuro e inconfondibile, ceramista originale e raffinato, lasciò un incommensurabile patrimonio di opere caratterizzate da un verismo stemperato in delicati toni lirici e morbide atmosfere intimiste.
Pur di non lasciare la sua amata città, rinunciò a incarichi prestigiosi che lo avrebbero allontanato per sempre dal suo tranquillo e rassicurante ambiente di provincia, che non gli è mai parso troppo stretto e limitante.
Appassionato cultore e difensore del patrimonio artistico e architettonico locale, ha lasciato dipinti, disegni e fotografie di vedute e scorci della città di Ascoli di non trascurabile interesse storico (specie per i soggetti architettonici non più esistenti). Nei primi anni ’60 contribuì alla realizzazione di un bel documentario sulla provincia di Ascoli, che qualche anno fa offrì lo spunto agli studenti dell’istituto d’arte per un interessante progetto focalizzato sul raffronto tra due diversi momenti storici della città.
ALDO CASTELLI nasce il 9 novembre 1900 da una modesta famiglia di artigiani ascolani. Fin da bambino dimostra una spiccata passione per l’espressione artistica e una precoce e singolare abilità nel disegno, tanto che all’età di 12 anni il padre, dietro suggerimento di conoscenti e nella speranza di vederlo accettato come allievo, lo introduce presso il “fra’ pittore” Paolo (Augusto Mussini), che in quegli anni stava realizzando gli affreschi nella chiesa-convento di San Serafino da Montegranaro a Porta Solestà.
Mussini riconobbe immediatamente il potenziale del ragazzo e lo accolse ben volentieri nel suo studio, di cui fecero parte assieme ad Aldo anche Elio Anastasi, Dante Corradini, Didimo Nardini e Pippo Poli. Il maestro fu un mentore generoso quanto rigoroso, che educava i suoi allievi all’attenzione più rigorosa ai dettagli: in un noto aneddoto che Aldo usava raccontare, “fra’ Paolo” esaminava i suoi disegni “contandone le foglie.” Il giovanissimo Aldo dimostra una straordinaria precocità e viene ammesso a partecipare all’esecuzione degli affreschi della chiesa dei Cappuccini insieme agli allievi più anziani, che fungono anche da modelli per diverse figure dipinte dal Maestro. Il volto di Aldo, avvolto in un velo monacale, appare in uno dei personaggi raffigurati nelle lunette decorative attorno all’altare maggiore.
Il rapporto con Mussini si consolida negli anni in un’amicizia profonda tra l’allievo e il Maestro, che si fa accompagnare da Aldo a Quintodecimo (per gli affreschi nella Parrocchiale) e a Caldarola per aiutarlo nella realizzazione degli affreschi nel castello dei Conti Pallotta. Nel 1916 Mussini scrive una lettera di presentazione al Direttore del Museo delle Arti Industriali a Roma, introducendo il giovane Castelli; successivamente, quando Mussini abbandona il convento e si trasferisce a Roma, Aldo lo segue per continuare a frequentarlo nel suo studio in via Margutta mentre segue contemporaneamente i corsi della Scuola di Arte applicata.
La morte del Maestro nel 1918 è un evento che mette in moto una crisi che porta il giovane Aldo ad abbandonare gli studi (e gli ambienti culturali e artistici della capitale) per tornare ad Ascoli, dove coltiva nuovi contatti e abbraccia con entusiasmo nuove ispirazioni. È in quegli anni che Castelli, attratto dalle suggestioni del Déco e del Liberty, vede gradualmente maturare il suo distacco dallo stile Mussiniano; nasce da qui la collaborazione con l’architetto Pilotti, da cui scaturirono fantasiosi progetti, non tutti realizzati, ma di cui si conservano i bozzetti, caratterizzati da eleganti, delicati tratti e tonalità reminiscenti delle luminose cromìe della maiolica. Di fatto, è proprio in quegli anni – tra il ’22 e il ’24 – che Aldo sviluppa la propria formazione nell’arte della maiolica presso la storica e prestigiosa Manifattura Matricardi.
Tra il 1924 e il 1929 l’artista veneziano Umberto Bellotto, il dottor Bracciolani e Didimo Nardini partecipano con Castelli alla creazione di una nuova manifattura ceramica, denominata “S.P.A.D.A.”, il cui logo raffigurante una spada stilizzata è ben noto tra i collezionisti di maioliche d’arte. La fonte dell’acronimo è incerta, anche se ipotizziamo che potrebbe rappresentare “Società Per le Arti Decorative Ascolane” – ma era una inevitabile ispirazione al parallelo visuale della spadina rappresentata nel logo. La S.P.A.D.A. ha avuto una vita breve ma è stata (letteralmente) una fucina di esperimenti innovativi che hanno lasciato il segno, nonostante il fallimento dell’azienda in un arco di tempo tanto breve – fallimento dovuto in gran parte all’impatto economico di quegli audaci esperimenti, che tuttavia ci hanno lasciato un piccolo tesoro di pezzi assolutamente unici e rari. Conclusa l’esperienza della S.P.A.D.A., Aldo fu richiamato alla Manifattura Matricardi, il cui direttore artistico era a quel tempo Polidori; quando l’attività terminò alla fine del 193o, uno dei suoi ex-dipendenti la rilevò, mantenendo gran parte delle maestranze, e Aldo continuò a lavorare con il nuovo proprietario Nello Giovanili che la ribattezzò M.A., poi M.A.A., e infine F.A.M.A. (Fabbrica Ascolana Maioliche Artistiche). Aldo rimase consulente artistico per la F.A.M.A. per diversi anni, e lì incontrò la sua futura moglie, Ada Felicetti. Ada visitava il suo studio, situato all’ultimo piano dello stesso edificio in cui la F.A.M.A. si era trasferita in Rua dei Fiori, e tra i due si stabilì immediatamente una singolare alchimia. La “vaga leggerezza dell'essere” di Aldo veniva costantemente bilanciata e al contempo sfidata e integrata dal solido e fiero pragmatismo di Ada, anche lei innamorata dell’arte e singolarmente capace e competente, nonostante i limitati orizzonti culturali offerti dalla sua famiglia di origine.
A sinistra: Aldo e Ada nel laboratorio della FAMA • Al centro: Vaso della produzione SPADA • A destra: Il Fauno ferito (Mattonella della produzione FAMA)
In quegli anni di poliedrico dinamismo intellettuale Castelli ha modo di dedicarsi anche all’espressione teatrale nella Società Filodrammatica, alla poesia, al giornalismo (come corrispondente del “Giornale d’Italia” dal 1935, con recensioni di rappresentazioni teatrali e liriche, e successivamente come collaboratore de “Il Messaggero” con una serie di articoli sulla città di Ascoli e sul suo territorio, illustrati con suoi disegni originali).
Parallelamente alla sua produzione artistica – che gradualmente si svincola dai canoni estetizzanti del Liberty per approdare ad una più matura ed equilibrata ricerca compositiva che quasi lo distacca e isola in un atteggiamento contemplativo – Aldo conclude i suoi studi e si dedica anche all’insegnamento: dal 1926 come docente di Disegno artigianale presso l’Istituto Industriale; dal ’41 al ’50 come docente di Storia dell’Arte presso il Liceo Classico, poi come insegnante di Disegno presso la Scuola Media Cantalamessa. Alla fine degli anni cinquanta Castelli partecipa alla fondazione dell’Istituto d’Arte, di cui è Direttore dal ’59 al ’62, quindi torna all’insegnamento alla Scuola Media Cantalamessa.
Negli ultimi anni della sua vita Aldo diventa sempre più assorto nel suo mondo contemplativo, ugualmente schivo da fama e da conflitti, e la sua arte diventa sempre più uno specchio del suo intimo fatto di silenzi e stupori, e disillusioni accolte da un’innocenza mai infranta. Una sua poesia, di sapore minimalista, pare quasi un presagio della sua prematura fine:
“Divenire cautamente nel tempo,
arrestarsi alle soglie
dell’ultima stagione,
con lo stupore
di un fanciullo ingannato
e il disperato candore
di un poeta
senza canto”
Uno dei suoi ultimi dipinti, dell’estate del ’64, comunica un’intensa emotività che riflette la stessa innocenza sbigottita e l'arrendersi tenero e dignitoso con cui i suoi cari lo vedono lentamente cedere alla devastazione di un male incurabile. Aldo si spegne ad Ascoli, confortato dalla presenza di Ada e dei familiari, il 10 ottobre 1965.